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Buongiorno,

vorrei sottoporre una curiosità meramente astratta che mi è sorte ragionando di parametri geotecnici caratteristici in un caso pratico, e che mi piacerebbe qualcuno sapesse 8volendolo) soddisfare: qual'è la ragione vera dei coefficienti parziali gammam per i parametri geotecnici? Statistica, empirica, geotecnica,... esoterica?

La curiosità nasce dalla constatazione che talvolta la penalizzazione mi sembra eccessiva fino al paradosso di falsare la realtà "fisica" del problema.
Mi spiego con un esempio fatto da un professore di ingegneria geotecnica in un seminario pubblico; se ho una ghiaia e per prudenza le associo 36° di phi caratteristico, nella configurazione M2 il corrispondente di progetto sarà 30°, valore pertinente anche a un limo sabbioso! Da cui la sollecitazione a derivare adeguatamente i parametri di progetto (prove in sito, laboratorio, ecc.) e di usarli senza paura, anche ci sembrassero elevati (con opportuno senso critico, ovvio). E' proprio il caso che mi sta capitando, con relativa contestazione dei tecnici pubblici.
Aggiungo che ove potessimo applicare il metodo semiprobabilistico e ci trovassimo ad operare in assenza di compensazione - strutturale e geotecnica - derivereremmo un valore caratteristico già molto lontano (inferiore) dalla media da cui un valore di progetto ancora minore: con la quasi certezza di associare a una ghiaia valori pertinenti ad un limo, se non di un'argilla.

In verità non si tratta solo di curiosità teorica, sto cercando argomenti seri da controbattere a tecnici le cui perplessità si sostanziano di "mi sembra un valore molto alto" con tanto di occhi sgranati, oppure "non ho mai visto un valore così alto".
Grazie a chi avesse tempo da dedicare alla risposta.

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È semplicemente una questione di sicurezza o meglio di incremento dei margini di sicurezza.
È un po’ come per le automobili, si introducono elementi per aumentare la sicurezza (ABS, cinture di sicurezza, airbag lato guida, airbag per tutta la macchina, telai a deformazione controllata, freni automatici, ecc..); la sicurezza migliora la qualità della vita e per le auto ha trovato anche riscontro in progettisti e consumatori.

Per quanto riguarda i valori caratteristici ed i coefficienti credo che rappresentino due aspetti differenti, due sistemi di sicurezza differenti che incidono sullo stesso elemento (ad esempio l’angolo di attrito).
I primi rappresentano le cinture di sicurezza e dipendono da fattori legati alla natura del sottosuolo, alla numerosità dei dati ed alla variazione dei parametri geotecnici sono quindi strettamente legati alle caratteristiche del sito, al numero di indagini e prove che si fanno ed alle relazioni struttura-sottosuolo.
I coefficienti riduttivi invece sono gli airbag e rappresentano il margine di sicurezza che ci vogliamo prendere rispetto alle relazioni che si utilizzano per definire resistenze e azioni.

C’è da chiedersi come mai l’esigenza di una maggior sicurezza progettuale-costruttiva e quindi una migliore qualità della vita non ha riscosso nell’edilizia il successo che ha avuto per le automobili......e come mai tecnici chiedano spiegazione in merito!


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Grazie della risposta.
Lo scopo dei coefficienti correttivi è chiaramente l'aumento del margine di sicurezza, solo che a furia di cautelarsi si corre il rischio di incappare in paradossi (trattare una ghiaia alla stregua di una sabbia, quando non un limo sabbioso) che, nella pratica, conducono a probabili sovradimensionamenti; col paradosso nel paradosso di venir meno allo scopo della tecnica che, in fondo, consiste nell'aumento dell'efficienza, anche economica (non è reato!).
Tanto varrebbe (esagerando) costruire come gli antichi, un bel fattore di sicurezza 30 e via, tutti sicuri.
Il mio problema pratico consiste in una ghiaia limosa che da prova di taglio diretto sul passante al 10 (30%), ossia sulla matrice di sabbia limosa, da phi di picco 42° e residuo di 40°.
Un'elaborazione statistica con metodo di Schneider sulla prove SPT conduce a un valore di phi di picco di 45° e a volume costante CV (metodo di Horvath) di 38°.
Ora, in generale phi CV è il valore di phi idoneo alla verifica di stabilità globale di un rilevato (grandi deformazioni e rottura progressiva), e quello da me calcolato è congruo per una ghiaia. Per cui come tale l'ho voluto utilizzare nelle verfiche ricorrendo a uno "stratagemma": phi picco = 45° = valore caratteristico, valore di progetto = arctan(phi picco)/1.25 = 38,7° = (all'incirca) phi CV (38°).
Da qui la contestazione che mi è stata fatta.
Resto però della mia idea, perchè altrimenti se valore caratteristico = phi CV il valore di progetto scende a 32°, secondo me troppo penalizzante per una ghiaia (che, per inciso, ha densità relativa media del 60%).
Mi sembra assurdo adottare il valore di 32° come valore
il valore per una ghiaia i - sempre di phi di picco - di

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Stefano,
la contestazione appare legittima perchè non possiamo identificare il phi picco con il phi_cv, a meno che il deposito sia nello stato più sciolto possibile per le sue caratteristiche fisiche e mineralogiche.

Qual'è il metodo di horvath per la determinazione del phi_cv con l'SPT? Io conosco solo il metodo BS 8002:1994 per cui phi_cv varia da 30° a 38° secondo i parametri: angolarità e classazione dei clasti

L'elaborazione statistica andrebbe a rigore effettuata sui risultati delle SPT, ossia sui valori di phi ricavati dalle SPT, adottando una correlazioen she appare congrua con la prova di alboratorio, se ritenuta di valido riferimento.

Lo stratagemma non appare corretto.

Phi di picco nominale non è = phi di picco caratteristico.

Le NTC08 poi trattano separatamente phi picco e phi_cv, e ad entrambi devono essere applicati i rispettivi valori caratteristici.

Non esistono dubbi interpretativi a proposito.

Nel caso dei rilevati come fai ben notare la resistenza nominale viene 'massacrata' dalla verifica NTC08 - EC7 passando a resistenza di progetto, ma questo richiede la normativa.

Il grande inconveniente del phi_cv è che non esiste un metodo di laboratorio normato per misurarlo. Nel tuo caso però si può iodentificare (grandi deformazioni) con phi_res.

Allora avresti un phi_cv pari a 40° (valore di laboratorio) che costituisce un valore singolo.

phi_cv_k n=1 diventa 33°, applicando il metodo statistico proposto dal 'Designer's guide to EC7'.

Altre scappatoie più o meno contestabili: trattare ogni spt come dato del set ricavando vari phi e trattandoli statisticamente. però bisognerebbe avere il campione litologico dato che la correlazione si basa esclusivamente su angolarità e classazione dei grani.

il valore è simile a quello ceh avevi ricavato tu di 32° (come??).

non si tratta di phi_picco ma di phi_res = phi_cv caratteristico.

Nel tuo caso phi picco è leggermente maggiore, per cui
phi_picco_k = 35°

I valori non sono tanto bassi perchè si tratta di grandi superfici di deformazione (compensazione spaziale tra fluttuazioni più e meno resistenti del terreno)





"Data speak for themselves" -Reverend Thomas Bayes 1702-1761
P(Ai|E)=(P(E|Ai)P(Ai))/P(E)
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Grazie della risposta, McCoy.

I valori dei parametri di picco e CV utilizzati non sono quelli della prova di taglio diretto ma da cinque prove SPT. La prova di laboratorio è stata condotta sulla matrice sabbiosa e limosa del campione prelevato in sito (phi_picco = 42°, phi_res = 40°).
Poichè la matrice rappresenta il 25% - 30% di una ghiaia limosa (G = 70%), sono confidente che i valori di phi siano in realtà superiori a quelli di laboratorio; infatti applicando 5 relazioni per la phi_picco e quella di Horvath per phi_dilatanza (da cui di ricava phi_CV = phi_picco-phi_dilatanza), utilizzando poi il metodo statistico di Schneider ottengo phi_picco = 45° e phi_CV = 38°.
Ho anche indicato il valore di densità relativa (60%) che unitamente a pressioni in gioco < 2 kg/cmq giustifica la possibilità di comportamento dilatante.
Quindi i valori da me utilizzati non sono nominali ma effettivamente caratteristici (metodo di Schneider).
Al terreno è stato associato il valore di picco come caratteristico, al fine di poter utilizzare nelle verifiche di stabilità globale il valore di progetto (arctan = tan(phi_picco)/1.25 = 38,7° = phi_CV).
Credo di essere formalmente in linea con le NTC (circ. 2009, § C.6.2.2.4), forse non sostanzialmente perchè per una stabilità globale in caso di prima rottura il valore caratteristici dovrebbe essere phi_CV, non phi_picco.
Lo "stratagemma" ha proprio lo scopo di non massacrare il paramentro di resistenza; arctan(tan(phi_CV)/1.25) = 32° e mi sembra troppo basso perchè non è pertinente a una ghiaia ma ad una sabbia, nemmeno delle migliori.

Aggiungo che per ottenere un valore di phi_CV operativo è sufficiente una prova di taglio diretto su provino completamente rimaneggiato e ricostruito, annullandogli così l'addensamento raggiunto durante la sua storia tensionale; si ottiene un materiale con comportamento incrudente per il quale phi_picco e phi_CV praticamente coincidono, non essendono contributo per dilatanza.

Adottare un phi_res mi sembra esageratamente prudenziale perchè nel mio caso si tratta di una prima rottura. E' vero che - in presenza di rottura progressiva e grandi deformazioni - al momento del collasso parte delle porzioni a valle saranno ormai in condizioni di phi_res ma ce ne saranno altre a phi_CV e addirittura quelle a monte ancora con phi_picco, per cui adottare phi_CV come parametro globale mi sembra più appropriato (ripeto, per una prima rottura).

Pormetto che non tedierò più con numeri e casi specifici, anche perchè in realtà il mio interesse era teorico e consisteva nella natura dei gammaM: 1,25 da dove vien fuori?
Io DEVO applicare la normativa vigente, ma mi piacerebbe farlo con senso critico (magari applicato male ma applicato).

Grazie a tutti, anche per la pazienza.

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Stefano, se ho bene interpretato quello che dici, ci sono vari particolari che mi sembra non vadano. Purtroppo la normativa europea è quella che è, a volte troppo penalizzante, per cui il budget dei rilevati lievita enormemente.
Procediamo in ordine:
-a cosa è servito effettuare la prova di taglio sulla matrice se poi non si ritiene la matrice rappresentativa delal resistenza al taglio?
-Il metodo di Schneider è un'approssimazione ed èstato sviluppato per un campione con n=10. Nel tuo caso n=5, per cui il metodo è ottimistico ossia anticautelativo rispetto al metodo suggerito da Frank et. al (Designer's guide), che è il metodo di riferimento
-La densità relativa non è che sia altissima...
-'al terreno è stato associato il valore di picco come caratteristico, al fine di poter utilizzare nelle verifiche di stabilità globale il valore di progetto (arctan = tan(phi_picco)/1.25 = 38,7° = phi_CV)'. Questa procedura apapre del tutto arbitraria e non consentita dalla normativa europea nè da quella italiana
-Tu stesso nel post precedente avevi detto giustamenteche si tratta di rottura progressiva e che phi_cv è il parametro di riferimento. Non capisco il discorso della differenza sostanziale e formale
-'Lo "stratagemma" ha proprio lo scopo di non massacrare il paramentro di resistenza; arctan(tan(phi_CV)/1.25) = 32° e mi sembra troppo basso perchè non è pertinente a una ghiaia ma ad una sabbia, nemmeno delle migliori.' Non credo che lo stratagemma sia legittimo, i requisiti di sicurezza dell'EC7 e delel NTC08 non possiamo modificarli a nostro piacimento. Il valore di progetto non può assolutamente essere paragonato al valore nominale, talora è molto più basso e quello è il requisito di sicurezza imposto dalla normativa. Se vogliamo arbitrariamente utilizzare un metodo diverso ci esponiamo al rigetto in fase di deposito o peggio a condanne giudiziarie se sorgono problemi
-L'unica maniera di migliorare il phi_cv di progetto è adottare i suggerimenti di Bond & Harris ed applicare un gamma_phi unitario, ma questo è anticautelativo nei confronti della normativa e pertanto pericoloso per il professionista
-Non sempre un taglio su provino rimaneggiato risulta in un valore di phi_cv accettabile, anzi... Esperienza personale, con valori di phi_cv a volte maggiori di valori di phi_picco!! Eseguiti da laboratori seri che erano d'accordo che il metodo per vari motivi può dare risultati fasulli. Mentre l amisura del phi_residuo è codificata, quella del phi_cv non lo è
-L'unico suggerimento che ho incontrato per misurare phi_cv con prove di laboratorio è indicato nel libro di Salgado: The engineering of foundations
-Nei granulari si osserva che phi_res = phi_cv , però nel tuo caso la matrice limosa potrebbe causare un phi_res < phi_cv
-1.25 se ben ricordo è un coefficiente di calibrazione che permette in teoria di assimilare le verifiche dell'EC7 con le verifiche della precedente norma DIN tedesca.



"Data speak for themselves" -Reverend Thomas Bayes 1702-1761
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Il valore da utilizzare per le verifiche di stabilità dovrebbe essere sempre phi_CV????

Secondo le linee guida AGI phi_CV solo se pendio interessato da frana
http://geotecnica.dicea.unifi.it/lineeguida_AGI.pdf


Andrea Evangelista
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Le NTC (2008) sono atto normativo cogente mentre le linee guida AGI (2005) sono un utilissimo riferimento tecnico, senza essere però vincolanti; inoltre, si potrebbe sostenerne una sorte di vetustà, essendo "superate" dalle più recenti NTC.
Continuo a ritenere che le NTC (anche e soprattutto nelle linee guida del 2009) lasci la scelta dei parametri geotecnici di riferimento (e, a scalare, quelli caratteristici) alla valutazione del progettista, senza alcuna imposizione o automatismo.
Come, del resto, non indicano come obbligatorio l'approccio statistico, in linea con il Designer's guide EN 1997 ([...] not mnadatory [...]); rispetto ai quali Bond & Harris (§ 5.5.5) mettono in guardia dall'abuso.

Dal mio punto di vista, il valore CV è più ragionevole per una prima rottura, più per una questione di rottura progressiva che per le dimensioni superficiali coinvolte.
Però il tuo contributo mi conforta del fatto che esiste ampio spazio a disposizione del giudizio critico del professionista.

Per McCoy.
Non è per spirito polemico, ti assicuro, ma non capisco come sia possibile misurare, in laborario, phi_CV > phi_picco per un materiale a comportamento strettamente incrudente: mi sembra quasi impossibile distinguerli! Ci potrà certamente essere qualche dubbio nell'identificare il punto della curva rispetto al quale misurarlo(i) ma invertirli no.
A meno che tu non intendessi il caso di più campioni dello stesso terreno con valori confliggenti tra loro; il che starebbe nella variabilità naturale dei fenomeni.

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Diciamo che sia le NTC sia le linee guida AGI lasciano fin troppo spazio alla discrezione del geotecnico.
Quale terreno poi non ha comportamento duttile pur essendo intatto? (ho riportato in maniera errata le linee guida, che indicano il phi_CV come parametro da usare per i terreni a comportamento duttile e il Phi di post picco per quelli a comportmanto fragile, dando comunque la possibilità di usare il Phi di picco per terreni intatti)

Una cosa non mi è chiara: se faccio delle verticali d'indagine con molti dati, magari DPSH o CPTU, su terreni che magari hanno subito spostamenti in passato e attraversando le superfici di discontinuità, quello che vado a misurare non è già un angolo di resistenza residuo?

Ultima modifica di AndreaEvangelist; 26/09/2017 08:17.

Andrea Evangelista
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Penso che la discrezionalità sia inevitabile perchè non è possibile eliminare il giudizio critico: è quel margine rispetto al puro meccanicismo che qualifica e giustifca il professionista.

In effetti la storia tensionale del terreno ha una ricaduta sui parametri misurati in sito, tuttavia non vale necessariamente il contrario, anzi: i parametri misurati, DA SOLI, sono un'istantanea del terreno, non ti restituiscono tutti i fotogrammi necessari alla ricostruzione della storia.
E' necessario l'incrocio di dati diversi, tra i quali fondamentali (evviva!) sono il rilevamento geologico e geomorfologico.

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