Ho un dubbio normativo su come trattare uno scarico di acque reflue domestiche recapitanti fuori fognatura (una ristrutturazione di un fabbricato rurale in Regione Piemonte), in presenza di una condotta di acquedotto.
Per gli scarichi di competenza comunale (quale quello in questione), sono da considerare idonei i sistemi di trattamento previsti dall’Allegato 5 della Deliberazione del Comitato per la tutela delle acque dall’inquinamento del 4 febbraio 1977; la dispersione nel terreno tramite sub-irrigazione o tramite pozzi assorbenti, nel mio caso non è possibile (distanza minima da tenere dalla condotta d'acqua potabile, rispettivamente di 30 e 50 m, ed all'interno del terreno di proprietà non ci si sta dentro).
L'unica alternativa, secondo l'Allegato 5 alla Deliberazione del 4 febbraio 1977, consisterebbe nell’accumulo e fermentazione in pozzi neri o pozzi a tenuta, con estrazione periodica del materiale e suo conferimento tramite autobotte quale rifiuto ad un impianto di smaltimento autorizzato. Tale possibilità è però limitata solo per abitazioni o locali in cui non vi sia distribuzione idrica interna e quindi con esclusione degli scarichi di lavabi e bagni, di cucina e lavanderia, che però in qualche modo, dovrebbero pure essere smaltiti, e questo aspetto non viene considerato dalla normativa (a meno che non mi sia sfuggito qualcosa).

Se guardo le note esplicative di altre Regioni, questa possibilità è contemplata, ad esempio, in Emilia Romagna, per edifici destinati ad abitazione ad uso saltuario (il mio caso), è esplicitamente ammesso l'uso di vasche di accumulo a tenuta, con capacità minima non inferiore a 10 mc.
Per il Piemonte, però, non ho trovato nulla di esplicito, quindi da qualche parte, mi deve essere sfuggito qualcosa.

Avete idee? grazie.