Ciao Andrea,
Perdona la tardiva risposta, ma non avevo visto la tua. La mia esperienza nel Regno Unito non è stata positiva, nel senso che lavoravo come geotechnical systems engineer (collaudavo, installavo e mi occupavo di Q&A in un'impresa che produce macchinari per laboratorio di geotecnica). Durante la prima ondata di pandemia, dopo pochi mesi dall'inizio del contratto, venni lasciato a casa quattro mesi, di cui due cassa-integrato, in mezzo ad altri due a lavorare da casa (con mole di lavoro clamorosamente ridotta, tanto che le giornate di lavoro erano talmente blande che mi sentivo in imbarazzo). Al rientro in ufficio, dopo quei quattro mesi, venni a malincuore licenziato, in quanto non ero progredito quanto si erano aspettati i miei superiori. Avevo trovato il lavoro grazie alla mia tesi in ambito geotecnico, per la quale avevo adoperato attrezzatura che l'Università aveva comprato da quell'azienda. Dopo il lavoro ero rimasto nel Paese qualche mese, al fine di cercare un lavoro come geologo di cantiere, ma non trovandolo e con l'avanzare della seconda ondata, sono poi rientrato in Italia.
Era tuttavia una mansione che non m'ha certo aiutato a fare curriculum nell'ambito della geologia: tornando indietro non lo rifarei, ma allora, quando andai via di casa per intraprendere quel percorso, ero molto più ingenuo e immaturo e pensavo più all'indipendenza economica e a maturare personalmente: ero confidente che avrei potuto poi "riciclarmi" in laboratori universitari di geotecnica, come tecnico, o in aziende del settore che sono clienti dell'azienda (ce ne sono d'importanti, tra cui l'olandese Fugro e l'ente autonomo di ricerca norvegese NGI).
Altri ambiti in cui nutro grande interesse (e nei quali ho maggiormente focalizzato i miei studi in triennale) sono la geologia applicata, l'idrogeologia e, appunto, la geotecnica; quest'ultimo è però un settore che, parlando con geologi che conosco, so essere sempre più fagocitato dalle ingerenze professionali degli ingegneri e dunque sottratto ai geologi (questo, a mio modo di vedere, è un po' il dramma del retaggio corporativista degli ordini professionali, cui in Italia siamo fin troppo adusi e che Oltremanica sono pressoché inesistenti). Da questo ho anche dedotto come le rivalità professionali in Italia siano tutt'altro che a livello di semplici battute.
(Breve excursus: Sempre questi geologi che conosco mi hanno consigliato di studiare bene la gerarchia delle fonti per quanto riguarda le norme relative al settore delle costruzioni, le normative e di puntare molto anche sullo sviluppare abilità inerenti la geofisica.)
Un'alternativa stimolante alla geologia degli idrocarburi, dunque, l'avrei ed è appunto la geologia applicata. Contestualmente, ho sempre in testa l'idea sempre più forte di intraprendere la strada della ricerca: diversi ex colleghi hanno detto che ho grandi conoscenze e mi hanno consigliato di cercare posizioni di dottorato, di cui ho scoperto esistere anche quelli convenzionati con le aziende (i cosiddetti PhD industriali o aziendali, se non sbaglio, che forse sono ancora più interessanti e "potenti" di quelli, per così dire, ordinari).
Per ora, mi sono dato allo studio e ripasso di software come CAD,GIS (adesso ripasserò anche MATLAB, che per le modellazioni viene usato assai da quanto ne so), GEO5, MODFLOW etc e a come redarre relazioni progettuali (sia esecutive che preliminari). Parallelamente, ho tastato anche la normativa BS5930 "the code of practice for site investigation" (il cui nome già spiega di cosa tratta e contiene anche le linee guida per redarre relazioni progettuali), di cui generalmente sono richieste solo phase 1 and 2 ai geologi. Normativa che poi, dovessi tornare su in Inghilterra, studierei a fondo.
Tornando all'ambito idrocarburi, con un titolo come questo nel link (
https://corsi.unibo.it/2cycle/raw-materi...73/B60/000/2021) l'ingresso in una compagnia petrolifera potrebbe essere più "sicuro"?